Quando tutti perdono

Quando tutti perdono

Mi capita di seguire imprenditori insoddisfatti della performance dei loro dipendenti e dipendenti insoddisfatti del loro lavoro.
Oggi condivido con te alcune riflessioni e intitolo il mio pezzo "quando tutti perdono".

Quando tutti perdono

Mi capita di seguire imprenditori insoddisfatti della performance dei loro dipendenti e dipendenti insoddisfatti del loro lavoro.
Oggi condivido con te alcune riflessioni e intitolo il mio pezzo "quando tutti perdono".

Ho 52 anni tendenti con calma a 53 e quasi 3 anni fa ho deciso di licenziarmi e iniziare la libera professione.
Per tanti sono stata una folle, per altri coraggiosa, per altri non lo so.
Forse ho da un lato seguito un sogno che a lungo per diverse ragioni anche logistiche oltre che personali avevo messo in naftalina, ma dall’altro sentivo di non avere più quella spinta per fare realmente la differenza per me, ma anche per la realtà che a lungo è stata la mia seconda casa.
Avrei potuto cercare un altro impiego? Certamente, ma ho preferito fare una scelta che ha risposto alla spinta nascosta dentro alla frase “ora o mai più”.

Perchè ti racconto questo?

Perchè ahimè e anche ahinoi mi capita di incontrare spesso sia dipendenti insoddisfatti della loro vita in azienda che imprenditori insoddisfatti della performance dei loro dipendenti.
E questo per me è un indicatore importante della presenza di un problema.
Un problema comune visto da due punti prospettici diversi. Ma il risultato è nessun vincitore, tutti perdenti.

Il coinvolgimento dei lavoratori è un dato importante in azienda, perché chi è coinvolto e ama il proprio lavoro è più creativo, produttivo e ha a cuore l’impatto delle proprie mansioni, le sorti dei progetti sui quali lavora e della compagnia stessa.
Al contrario, un dipendente poco o per niente coinvolto farà solo il minimo indispensabile.
Senza dimenticare che l’insoddisfazione sul lavoro, molto spesso varca anche la porta di casa, portando con sé tutte le peggiori conseguenze e attivando un pericoloso circolo vizioso.

Dove finisce quell’iniziale entusiasmo da “primo giorno”?

Che cosa accade in azienda ogni giorno, quale evento rovina il rapporto dei dipendenti con il loro lavoro?
Porsi domande per capire quale sia il fattore scatenante di questo peggioramento è cruciale per capirlo e porvi rimedio. 

Una causa è legata a ragioni storiche.
I  metodi di management e risorse umane impiegati ancora oggi nelle nostre compagnie sono nati più di cento anni fa, in un mondo completamente diverso.
Ci sembra naturale non guidare una macchina di  100 anni fa o farci curare con le tecniche di un secolo fa, mentre non ci facciamo troppi problemi ad organizzare ancora il lavoro come 100 anni fa.

Ma si sa che la storia comunque la scrivono gli uomini e quindi...

Come cambiare?

Quando i dipendenti si sentono connessi e a proprio agio nel proprio lavoro, le performance cambiano in maniera strabilianti
Ma come ottenere coinvolgimento?
Non certo pensando di aumentare solo i salari, ammesso e non concesso che sia possibile farlo.

È provato che il salario finisce circa al 5°/6° posto delle ragioni per cui un dipendente lavora volentieri in un posto di lavoro.

I criteri che vincono sono:

  • senso di appartenenza
  • sentirsi parte di un progetto
  • sentirsi considerati e ascoltati
  • sentirsi visti non solo quando si sbaglia ma anche e soprattutto quando si performa bene.

Ecco che è fondamentale:
1. dar valore al lavoro dei dipendenti; 
2. creare un rapporto di fiducia; 
3. dimostrare l’importanza di ogni mansione; 
4. riconoscere e apprezzare i dipendenti personalmente e lavorativamente; 
5. creare un senso di appartenenza all’interno dell’azienda.

Se leggi bene tante delle frasi riportate sono trasversali al concetto di leadership che poi si realizza attraverso tecniche di coaching e comunicazione strategica.

Annullare le aspettative, trasformarle in richieste esplicite di performance e atteggiamento, rappresentano i primi passi di un cambiamento possibile e fattibile che si ottiene nello specifico attraverso, la pianificazione, la coltivazione (leggi buone e sane abitudini, introdotte e mantenute), la responsabilità (che puoi declinare anche in causatività e proattività).

In sintesi chiarire perché si fa qualche cosa, il come lo si fa e per ultimo cosa si fa.

Chiudo mettendo il focus sull’ultimo punto sottolineando che la responsabilità è sì spartita, ma che parte anche dalla consapevolezza che, indipendentemente dal posto che occupo, posso sempre prendermi la responsabilità di fare il primo passo.
Qui spesso c’è anche la differenza tra leader di fatto e di ruolo.

 

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Quello che hai appena letto è un mio pezzo.
Sono Antonia Galvagna e sono una Project Solver.
Se questo articolo ha toccato dei punti di interesse o sviluppo per te importanti, fissiamo una call

 

 


Antonia Galvagna
Antonia Galvagna

Ideatrice del metodo "Around the Corner - Anche se il mondo è tondo tutto ciò che cerchi è dietro l’angolo."

Il mio perchè: Essere la persona che avrei voluto incontrare nei momenti di "svolta della mia vita".


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